Un ricordo di Delio Chittò  – di Giovanna Marini

E’ morto Delio Chittò. I tre di Piadena, come li chiamavamo allora la mia amica Teresa Bulciolu ed io, nuove nel gruppo, ignare di tutto, erano Bruno Fontanella, Delio Chittò ed Amedeo Merli. Le loro voci mi dettero un colpo al cuore come mai mi era successo prima. Non immaginavo che potessero esistere voci così, colorate, vibrate in modo del tutto naturale, espressive e fortissime , senza alcuno sforzo da quei tre usciva una qualità di voce che non avevo mai udito. Magnifici, e poi si aggiunse anche Policarpo Lanzi, stessa impressione forte per me, voce coloratissima, forte, e mi chiedevo “Ma come hanno imparato a cantare così, ma da dove gli esce questa voce!” venivo dalla musica classica dove le voci sono studiate , non avevo mai pensato che potessero esistere voci naturali della stessa forza e potenza espressiva, e che colore! Credevo che le voci naturali fossero le vocette degli studenti, leggere, se urlano sono stentoree senza nessuna espressione o qualità, invece quelle voci lì, dopo l’ho capito, emozionavano per la loro autenticità: ci portavano la memoria della loro terra, del loro paese, di come vivevano e lavoravano. Le voci della tradizione orale trasmettono i discorsi che noi della città ci affanniamo a fare con tante parole, le loro voci parlano da sole, ed emozionano. 
Lì nello scenario del Teatro di Spoleto, il Caio Melisso, voci così sicuramente non c’erano mai passate, come in nessun altro teatro . E credo che l’emozione forte e il colpo che ne ricevetti io lo ricevette anche il pubblico del Caio Melisso. Quelle voci ci parlavano della classe contadina, dell’occupazione delle terre, delle lotte contro la “borghesia ladrona” e ci consentivano di non dire una parola , ma solo cantare facendo con quelle voci del trio di Piadena un lungo discorso politico che il pubblico non aveva mai sentito venirgli dal palcoscenico di un teatro, e così il pubblico elegante e borghese insorse.
Con Delio ero veramente amica, volevo continuare a sentirlo cantare, spesso durante i tanti concerti fatti, abbiamo parlato e discusso di come poteva lui continuare a fare musica e cantare visto che la cosa gli riusciva così bene.
Il ricordo del Duo di Piadena rimane ancora, ma certo ho il rimorso di aver perso questa amicizia non per volontà mia, ma per i casi della vita, le nostre strade erano diverse, quel periodo di vita in cui studiavamo i canti, lavoravamo ogni sera sulla scena, con gli altri, tutti legati dalla volontà di dire le cose che erano importanti allora, la solidarietà, il sostegno alle classi più sfruttate e disagiate, era un periodo giovane e bellissimo e il ricordo della voce di Delio e del suo carattere garbato, privo di aggressività, quasi rassegnato a un destino prefigurato e che lui non poteva cambiare, , mi dava la voglia di essergli utile in qualche modo.
I cantori del Gruppo Padano , come si chiamavano allora, e la Lega di cultura come si chiamano adesso, rimangono un pilastro della nostra cultura come la figura di Gianni Bosio che in questi giovani aveva trovato chi lo poteva aiutare nel suo progetto di creare quello che lui chiamava, l’intellettuale rovesciato, in ognuno dei ragazzi che lo seguivano. 
La morte di Delio mi riporta a quel periodo e al seguito che arriva fino adesso, nessuno di quel gruppo doveva morire, perché sono tutti portatori di un progetto di vita e di progresso nel mondo e in questa civiltà così bisognosa di lumi dal passato .