Un nuovo film per Morandi – Iniziate le riprese

Sono iniziate il 13 settembre 2002 le riprese del film “Il colore della bassa”, a San Lorenzo Guazzone. Seguiranno a Piadena, Mantova e Solarolo Rainerio.
Giuseppe Morandi si prepara ad una nuova fatica. Ce lo annuncia in tenuta estiva…

La cronaca – 2- 8 – 2002

Un nuovo film per Morandi

Come sono cambiati i volti dei lavoratori nella Bassa

PIADENA – Giuseppe Morandi si prepara ad una nuova fatica. Ce lo annuncia in tenuta estiva, pronto per andare in piscina assieme alla famiglia Metha – tra le protagoniste dell’imminente pellicola – nel bar dell’angolo della piazza piadenese, a pochi passi dal Municipio, dove lo stesso Morandi lavora.
Articolo originale, clicca per ingrandire”Gireremo un nuovo film – ci racconta con tutta tranquillità – grazie a FabricaCinema che da poco ha una sede a Bologna e che, tra i suoi progetti, ha anche i due cortometraggi che ambienteremo qui nella Bassa. La settimana prossima andremo di nuovo a Bologna per accordarci su tempi e modalita; l’idea, comunque è quella di documentare la realtà dei nuovi contadini e dei nuovi operai della nostra zona. Ormai i lavori più pesanti, infatti, non sono più svolti da italiani, ma da stranieri. Anche nella Bassa questo è un dato di fatto e ciò che voglio raccontare è proprio tale realtà. Nelle stalle lavorano gli indiani e nelle fabbriche gente di colore. Anche la famiglia Metha che ioconosco da tempo farà parte di questo film: Jagjit Rai Metha – padre di Simona e Hani – infatti è un indiano che qui in Italia fa il bergamino. Il film si intitolerà, “Rico Richeto leva sò ch’i è li dò e meza”; con molta probabilità il sottotitolo sarà “I colori della Bassa”, espressione con la quale si vuole indicare proprio il mutamento del colore della pelle della gente che ora si dedica ai lavori che da sempre caratterizzano la nostra zona.

L’espressione dialettale del titolo, invece, si riferisce ad una frase della dalla mamma del Micio (Giuseppe Azzali, ndr) già nel precedente film “I Paisan” quando chiamava Richeto, appunto, per alzarsi e andare a lavorare nella stalla. Aiuto regista sarà il Micio e avremo consulenze anche da parte di Ermanno Olmi. L’idea di questo nuovo film in realtà c’era già da on po’, più o meno dal 1999 quando, grazie alla collaborazione con Marco Muller, il film i “I Paisan” ha partecipato al Festival di Locarno. Già allora con Muller si era parlato di girare un’altra pellicola ed ora è arrivato il momento buono. Le riprese dei bergamini le faremo soprattutto in provincia di Cremona mentre quelle degli operai anche nel bresciano. Se tutto procede bene il film dovrebbe essere pronto entro la primavera prossima”.
Morandi torna cosi ad una delle sue passioni, il cinema, unita ad alcuni dei suoi temi più cari: il lavoro e l’uomo. “In primo piano comunque – sottolinea Morandi – c’è sempre l’uomo visto che è lui l’artefice di tutto, e poi il lavoro per il quale si adopera. Naturalmente le riprese avverranno nel massimo rispetto delle persone coinvolte e nella salvaguardia della loro identità e cultura”.

Dopo la mostra fotografica “I Paisan”, l’omonimo film e la mostra “La mia Africa” (che tra poco sarà esposta a Lisbona) Morandi si rimette alla prova per raccontare, attraverso la realtà e con estrema naturalezza, quel che ci circonda. E di quel che ci circonda non c’è dubbio che ne dia un’immagine autentica; mai guarda dall’alto i suoi personaggi, ma come occasioni per un confronto e un dialogo continui dal quale spesso scaturiscono rapporti umani intensi e significativi. Così, terminata la piacevole conversazione, Morandi ci saluta e si dirige in piscina con parte della famiglia Metta: Simona e Hani – i due bambini – ne sono entusiasti e il padre Jagjit, sorridente, li accompagna. Noi ce ne andiamo, consapevoli che quel che vedremo nell’imminente pellicola nulla avrà a che fare con la finzione.

KATIA BERNUZZI
(La Cronaca – 2 Agosto 2002)

I Paisàn

I Paisan, 2001
(…) La civiltà contadina, che era durata 2000 anni stava finendo. Era iniziata la grande cacciata ed emigrazione dalla campagna. Iniziava il boom della Lambretta e della Seicento. Volevo filmare i riti ancora in atto di questa civiltà.(… ) Se io ho fotografato e filmato la mia gente è perche l’ho amata e ho condiviso la sua storia e la lotta per la sua emancipazione. Meglio, ho voluto dare loro un volto e raccontare la loro vita dall’interno, perche io ero e sono uno di loro. Ho voluto fissare la loro sapienza e il loro orgoglio. (Giuseppe Morandi)
I PAISAN – Un film di Giuseppe Morandi

Nato a Piadena (paese dove tuttora vive) nel 1937 da famiglia operaia e contadina, Giuseppe Morandi inizia a fotografare e girare filmati nel 1956, incoraggiato tra gli altri da Cesare Zavattini. Il suo lavoro fotografico, all’interno della lega di cultura di Piadena (fondata da Morandi e Gianfranco Azzali) viene conosciuto attraverso mostre e volumi (I Paisàn, Volti della Bassa padana, Cremonesi a Cremona, Quelli di Mantova, Ventunesima estate) presentati in Italia e in Europa. Il suo straordinario lavoro di cineasta, praticamente sconosciuto, è stato presentato per la prima volta al Festival di Locarno nel 1999 in edizione integrale. Il suo stile di cineasta “ad altezza d’uomo e di lavoro” è una vera rivelazione (Morandi è un istintivo che sa “mettere in scena il caso” e “monta in macchina”), potrebbe forse essere paragonato a quello del francese Georges Rouquier, l’autore dei memorabili Farrebique (1946) e Biquefarre (1983), se non andasse ancora più lontano nel testimoniare i mutamenti delle campagne (italiane) dal dopoguerra ad oggi.Il salvataggio dei suoi film, girati originariamente in 8mm, è stato curato dalla Cineteca di Bologna.

I Paisàn è composto da: EI Pasturin (estate 1956), Inceris li barbi (Diradano le barbabietole, 1964), Morire d’estate (23 giugno 1957), EI Vho (1966), La giornata del bergamino (Voltido 1967); Jon, du, tri, quater sac (La spartizione del granoturco, Voltido 1967); L’Amadasi la massa l’och (1967); Tonco, la festa del tacchino (1967); Cavallo ciao (Vho 1967); Baratieri el massa el animai (1966); EI Calderon (1991). [VHS 128′]

UNA PRODUZIONE: Cineteca Bologna

La recensione di Marco Muller
Chi sa se con questa cassetta la Cineteca del Comune di Bologna non ci consegni il primo capitolo di una “storia segreta del documentario italiano”? Così come lo si storicizza di solito, l’ambito documentaristico più noto appare in definitiva terra di nessuno, con poclù spazi di ricerca e scarsa tradizione, dove agli sprazzi di realismo si sovrappongono “sguardi d’autore”, retorica del “prezioso” o del “poetico”.
Eppure, controtendenza si erano mossi altri registi, portatori di un realismo immediato che andava oltre le teorizzazioni del “colto sul vivo”. Come Giuseppe Morandi, che ha costruito
pazientemente lungo quasi due decenni la sua opera cinematografica, pezzo a pezzo, a salti ma nella logica di un’estetica dove il modo di produzione poverissimo (una camera amatoriale a molla e poca pellicola, dunque un solo ciak; e il montaggio tutto realizzato in macchina, ma appena possibile con il suono in presa diretta, magari fatto con il Geloso prestato dall’amico e sincronizzato in casa) dettava il rigore della prima vera analisi dall’interno, in Italia, di una società e di una cultura, quella dei contadini dell’area del Po prima della definitiva meccanizzazione delle campagne.
Restando sempre fuori dal bozzetto, Giuseppe racconta gente e pezzi di mondo che conosce bene, privilegia il “piccolo” senza pretendere di ingigantirlo, non si attarda in soluzioni formali e paesaggistiche ma punta dritto sulle persone e i loro animali, non distoglie l’occhio quando questi ultimi, esaurito il loro potenziale di lavoro, muoiono di morte violenta per mano di quelli che aiutavano a lavorare. Non è difficile per il suo cinema appoggiarsi in tutto alla realtà, poiche il suosguardo, mai “esteriore”, sa organizzare quello che per altri rimarrebbe rozzezza o casualità. Anche quando sono chini sulla terra, piegati nelle diverse operazioni lavorative dei campi, tutti i suoi contadini risultano, anche nei film più brevi, protagonisti. Quest’antologia rende infine giustizia ad un cineasta sinora invisibile. E costituisce, a tutti gli effetti un’altra grande “prima”: quella di una Padània fuori dal mito e della divagazione cineletterarla. (m.m.)


> Film 8 mm
Morire d’estate, 1957
Barattieri el massa el nimal, 1966
lon du tri quater sac, 1967
La giornata del bergamino, 1967
Cavallo ciao, 1967
L’Amadasi la massa I’och, 1969

> Video
EI Calderon, 1991