E’ morto Delio Chittò. I tre di Piadena, come li chiamavamo allora la mia amica Teresa Bulciolu ed io, nuove nel gruppo, ignare di tutto, erano Bruno Fontanella, Delio Chittò ed Amedeo Merli. Le loro voci mi dettero un colpo al cuore come mai mi era successo prima. Non immaginavo che potessero esistere voci così, colorate, vibrate in modo del tutto naturale, espressive e fortissime , senza alcuno sforzo da quei tre usciva una qualità di voce che non avevo mai udito. Magnifici, e poi si aggiunse anche Policarpo Lanzi, stessa impressione forte per me, voce coloratissima, forte, e mi chiedevo “Ma come hanno imparato a cantare così, ma da dove gli esce questa voce!” venivo dalla musica classica dove le voci sono studiate , non avevo mai pensato che potessero esistere voci naturali della stessa forza e potenza espressiva, e che colore! Credevo che le voci naturali fossero le vocette degli studenti, leggere, se urlano sono stentoree senza nessuna espressione o qualità, invece quelle voci lì, dopo l’ho capito, emozionavano per la loro autenticità: ci portavano la memoria della loro terra, del loro paese, di come vivevano e lavoravano. Le voci della tradizione orale trasmettono i discorsi che noi della città ci affanniamo a fare con tante parole, le loro voci parlano da sole, ed emozionano.
Lì nello scenario del Teatro di Spoleto, il Caio Melisso, voci così sicuramente non c’erano mai passate, come in nessun altro teatro . E credo che l’emozione forte e il colpo che ne ricevetti io lo ricevette anche il pubblico del Caio Melisso. Quelle voci ci parlavano della classe contadina, dell’occupazione delle terre, delle lotte contro la “borghesia ladrona” e ci consentivano di non dire una parola , ma solo cantare facendo con quelle voci del trio di Piadena un lungo discorso politico che il pubblico non aveva mai sentito venirgli dal palcoscenico di un teatro, e così il pubblico elegante e borghese insorse.
Con Delio ero veramente amica, volevo continuare a sentirlo cantare, spesso durante i tanti concerti fatti, abbiamo parlato e discusso di come poteva lui continuare a fare musica e cantare visto che la cosa gli riusciva così bene.
Il ricordo del Duo di Piadena rimane ancora, ma certo ho il rimorso di aver perso questa amicizia non per volontà mia, ma per i casi della vita, le nostre strade erano diverse, quel periodo di vita in cui studiavamo i canti, lavoravamo ogni sera sulla scena, con gli altri, tutti legati dalla volontà di dire le cose che erano importanti allora, la solidarietà, il sostegno alle classi più sfruttate e disagiate, era un periodo giovane e bellissimo e il ricordo della voce di Delio e del suo carattere garbato, privo di aggressività, quasi rassegnato a un destino prefigurato e che lui non poteva cambiare, , mi dava la voglia di essergli utile in qualche modo.
I cantori del Gruppo Padano , come si chiamavano allora, e la Lega di cultura come si chiamano adesso, rimangono un pilastro della nostra cultura come la figura di Gianni Bosio che in questi giovani aveva trovato chi lo poteva aiutare nel suo progetto di creare quello che lui chiamava, l’intellettuale rovesciato, in ognuno dei ragazzi che lo seguivano.
La morte di Delio mi riporta a quel periodo e al seguito che arriva fino adesso, nessuno di quel gruppo doveva morire, perché sono tutti portatori di un progetto di vita e di progresso nel mondo e in questa civiltà così bisognosa di lumi dal passato .
LA CATTIVERIA
del ministro Salvini, contro i migranti clandestini della nave U.Diciotti della Guardia Costiera nel porto di Trapani, fa pensare ai film con gli schiavi neri, catturati in Africa per portarli nelle Americhe o in Europa: erano ammanettati uno a uno, in file lunghissime, magari legati anche ai piedi. Solo pensarlo è un orrore, ma il ministro l’ha pensato e voleva realizzarlo. E’ dovuto intervenire il capo dello Stato, attraverso il presidente del consiglio dei ministri Conte per far sbarcare gli immigrati clandestini al porto di Trapani, dopo 3 giorni di sosta. Terminate le procedure di identificazione i migranti sono sbarcati.
Anche i cittadini italiani hanno percepito questa cattiveria contro poveri clandestini, così anche i giornali moderati, era il titolo di prima pagina. Il governo giallo/verde dà segni di insicurezza. Ieri a Innsbruck l’incontro dei ministri dell’interno dove c’era Salvini fallisce e viene rimandato. Viviamo un momento di incertezza e paura e non è la cattiveria che li risolve.
Noi siamo per la democrazia e la solidarietà coi popoli che stanno peggio di noi, non per i nuovi armamenti micidiali proposti da Trump.
Piadena, 13 luglio 2018
La Lega di Cultura di Piadena
BAMBINI IN GABBIA NELL’AMERICA DI TRUMP
Ieri avete visto in TV i bambini piangenti, che chiedono della mamma e del papà, chiusi in gabbia, con i poliziotti come guardie che hanno l’ordine di non dimostrare affetto nei loro confronti.
Chi sono questi bambini? Sono i figli degli immigrati messicani e altri paesi del Centro America, clandestini negli Stati Uniti e Trump per dissuaderli dall’emigrare ha deciso di rubargli i figli e adessso tenerli in gabbia per poi disperderli nel paese più libero del mondo: l‘America.
Per il momento vige dunque e il rapimento e la reclusione istituzionalizzata dei monorenni secondo le direttive esplicite del capo gabinetto John Kelly e del ministro di giustizia di Trump.
In Texas un padre honduregno si è tolto la vita un giorno dopo che il figlio di cinque anni gli era stato strappato piangente dalle braccia. Nello stesso stato a Brownsville un agente della guardia di frontiera ha dato le dimissioni dopo che gli era stato probito di consolare tre fratellini in lacrime che non avevano più notizie della mamma, in osservanza al “divieto di abbraccio” che vige per il personale dei lager per bambini. Per sottrarre i loro figli gli agenti di solito assicurano ai geitori che i piccoli devono “farsi una doccia”, accompagnandoli in un’altra stanza:è l’ultima immagine che padri e madri, poi rinchiusi in apositi centri per adulti, conservano dei figli.
Un nuovo vento di violenza e intolleranza spira sull’Italia e l’Europa contro gli immigrati. Noi siamo per l’accoglienza e la solidarietà con questi uomini, donne, bambini, non solo dell’Italia come ha fatto fino adesso ma di tutti i paesi d’Europa.
L’umanità deve avere il sopravvento sulla repressione e la violenza dei popoli che vivono peggio dell’Europa, perché vittime di guerre volute dall’Occidente.
Piadena, 20 giugno 2018
La Lega di Cultura di Piadena
Mostra di Morandi a Cattolica
Contributo
Presentazione e dibattito sul libro su Karl Marx
GAZA, PALESTINA: ISRAELIANI QUANDO CESSATE DI UCCIDERE I BAMBINI?
Un drone israeliano ha sganciato lacrimogeni sopra la tenda, che è stata avvolta in una nuvola di fumo, Leila una bambina di otto mesi è stata soffocata dai gas lacrimogeni. Sotto la tenda del lutto nel quartiere Zeitun, a Gaza city, siedono parenti e amici. Si alzano tutti in piedi per stringere la mano a chi porta vicinanza e condoglianze. Un ragazzo serve ai presenti caffè amaro. Anwar ha 27 anni e il volto di un adolescente. Sua moglie Maryam ne ha appena 19. “E’ stato un colpo duro, per me e soprattutto per mia moglie – dice-Già un anno fa avevamo perduto il nostro primo bambino, Salim di un anno. La sera si era addormentato tranquillo, ma non si è più svegliato, è morto nel sonno”.
Sett’anni dello Stato d’Israele sono anche i sett’anni della Nakba, la “Catastrofe” del popolo palestinese, la cacciata del 1948 di centinaia di migliaia di palestinesi (da 700mila a un milione) in una operazione di preordinata pulizia etnica che li ha trasformati nel popolo profugo dei campi.
Adesso è arrivato lo spostamento dell’Ambasciata Usa a Gerusalemme, con la strage di 62 giovani nel tiro al piccione a Gaza con miglia di feriti, schiacciando una protesta armata di sassi, fionde e copertoni incendiati. Per Netanyahu poi si tratterebbe di azioni terroristiche. Ma la verità è che un popolo oppresso che manifesta contro un’occupazione militare, ricorda solo la nostra Liberazione e il diritto dei palestinesi sancito da tre risoluzioni ONU (una del 1948 proprio sul diritto al ritorno).
Piadena, 16 maggio 2018 La Lega di Cultura di Piadena
Partito della Rifondazione Comunista – Piadena
Festa di Cultura 2018: tipologia Pontirolo – di Daniele Crotti
Dopo Piadena, che poi è Pontirolo (la sede municipale è locata in Drizzona; ma un referendum in fieri potrebbe unire i due Comuni ed allora Pontirolo sarà parte integrante della Piadena della gloriosa Lega, quella di Cultura, quella vera, sia lega, e ci perdoni Alessio, sia cultura), dopo Piadena, dicevo e dico, arriva, col “maggio bello”, Sesto Fiorentino, tipologia Pontirolo sia pur ridotta e contenuta, ma altresì viva e vitale, ovvero dopo la Festa della Lega di Cultura, la Festa del Primo maggio dell’Istituto Ernesto de Martino.
«Ciao!». Mi dice e mi dicono; sì, perché appena parcheggiata la vettura, eccoli lì i piadeno-calvatone-pontirolesi. «Ciao!», rispondo e rispondiamo. E l’abbraccio è di allegra commozione, come sempre. «L’hai mandata la lettera?», mi chiede subito il Giuseppe. «Quale lettera?», rispondo, forse un po’ fingendo stupore o distrazione. «Come, quale lettera; la solita, il tuo resoconto della festa a Piadena». E scattano pentimenti, dubbi, perplessità. E spiego e mi spiego. Comprendono: le mie incertezze, i miei scoramenti, le motivazioni di questo inaspettato (dicono) mio silenzio. Li ringrazio. Dovrò fare ammenda.
Ed allora torno indietro. Torno indietro di una quarantina di giorni, quelli che separano il 23 marzo dal 1° maggio dell’anno in corso. E tornare al 23 nella cascina del Micio. Eccomi ed eccoci, dunque.
Sono passati 15 anni dalla mia prima partecipazione. Soltanto nel 2010 e nel 2015 ho marcato visita: assente, non so se giustificato o meno (sì, se un’autocertificazione, medica, è accetta).
Ricordo abbastanza bene quella prima volta. Un’emozione incredibile: chi se lo aspettava. Fu una giornata memorabile. Mi presentai, timidamente, la domenica mattina e chiesi al primo che incontrai del Micio. Era lui, pensate un po’. Poi fu la festa. C’era con me mio figlio Luca che ancora ogni tanto mi ricorda quel giorno emozionantissimo.
E così negli anni a venire, scoprendo di volta in volta il sabato antecedente, il venerdì avanti, e tutta la ricchezza, sociale, culturale, politica, amicale e compagna, di questa incredibile festa, persa nel tempo dei ricordi eppure ancora attuale e necessaria.
Così è stato anche questa volta, nel 2018 dell’Era Volgare, nonostante gli anni (miei, nostri e della festa medesima), nonostante i patemi, nonostante alcune dubbiosità, nonostante alcune criticità, nonostante cali di… … perché in fondo in fondo “un pensier ribelle in cor ci sta” (ancora?) e nella non sopita speranza (illusione!) che “il potere cambi la sua natura”. Ma il potere (e “nessun potere è buono”), il potere per definizione è tale, cioè potere, e quindi… Ma perché incazzarci? La compresenza, sosteneva Capitini, deve essere più forte che mai…
E allora che bello, nonostante…. Nonostante tutto… vedersi e rivedersi, cenare il venerdì sera dagli Azzali e poi via a Casalmaggiore per il concerto di musica che ci piace, e tanto tanto tanto, il sabato alla Sala Civica di Piadena (Piadena!) per i documentari che raccontano queste storie, il sabato sera ancora dal Micio e da Bruno (e da…) per una cena in allegra compagnia (e che compagnia!), con canti vino e cibo popolari, la domenica con il “Controcanto” del Fanelli (l’avevo già acquistato e letto; non lo sapevo così giovane e bravo il “bell’Antonio”. E bravo! ribadisco), e la domenica… con e nella festa, per la Festa, la Festa…
Anche ‘stanno ero con la mia Giovanna e con gli amici di Roma, Walter ed Elisabetta. La loro seconda esperienza, quella dei nostri amici “romani”, sempre accattivante e coinvolgente, dicono. E ci credo, perbacco.
Tanti giovani. Tanti. Eravamo più o meno di anno passato? Domanda che ci si fa. Chi dice più, chi dice meno. Ma ha importanza? No. Esserci. Ciò che conta. E partecipare. Cantando. E piano piano, sciuai sciuai, quel vecchio spirito, quella antica emozione, quell’insieme di “cose” mi hanno riconquistato. Così i tentennamenti sono spariti e mi sono buttato pure io nella tenzone canora. Ho cantato, il pomeriggio del giorno di festa (“Domani l’è festa…”), come in altre occasioni; mi sono ritrovato, sono rinato. Sono… Per concludere, a festa finita (ma non finisce né finirà mai), a cantare altrove, con gli amici ed i compagni lontani (nello spazio) e vicinissimi (nel tempo e nel cuore).
E per nulla ha inciso una “soffiata”, maligna ed inutile, di ignoti mistificatori, che il sabato sera ha costretto un paio di “agenti” aziendali (leggi ASL: non dico altro; ho vissuto professionalmente tale assurda realtà) a tentare di mettere in discussione questa “unica” accozzaglia di gente meravigliosa (che sia un ossimoro?), che anno dopo anno, da anni dopo anni, si vede, si rivede, si trova, ci crede, e sta…. proprio BENE, assieme, insieme.
E la festa continua… con un grazie a tutti e a tanti, in particolare al Micio e al Murànd, a Enrico, Leo, al Peto, a Bruno, a Davide, ai Maurizio, ad Angelo e Manuela, a chissà quanti altri ancora…